Posto questa storia esattamente così come mi è venuta, con tutti gli errori i refusi e le stranezze di una scrittrice distratta ma contenta.

Buona lettura a tutti!

Questa è la storia delle storie, una storia madre per capirci, di quelle storie che danno inizio ad altre storie, che danno inizio ad altre storie che danno inizio a tante altre storie; storie che poi si perdono nei tempi, traendoti in confusione ripetutamente; lasciandoti così basita che quando provi a raccontare la storia della bella addormentata nel bosco non sai mai veramente bene se questa fanciulla era quella della mela o della matrigna con la mela o della mela della matrigna; insomma in questa storia di matrigne non ce ne sono; per cui se qualcuno col tempo introdurrà una matrigna con o senza mela lo farà a suo rischio e pericolo, perché potrebbe benissimo capitare che la bella tanto bella non è e nemmeno tanto addormentata, ma soprattutto allergica alle mele.
Ritornando a noi, la storia delle storie nacque in una maniera alquanto bizzarra, fu il giovane calzolaio del paese a ritrovarla, sapete? Era tutto intento a lustrare le scarpe del maresciallo Lombardino quando d’un tratto scoprì nella suola della sottoscarpa, azzeccato, un foglio di carta mezzo rotto, curioso com’era lo srotolò in fretta e si mise a leggere; il caso voleva però che l’uomo non avesse frequentato molto bene la scuola e che in materia di leggere e far di conto non è che fosse una cima, ragion per cui portò il foglio che sembrava piuttosto una lettera d’amore al campanaro Rubiello. Quando entrò nell’officina dell’uomo, lo trovò con la testa nel bel mezzo di una campana. Ma che ci fai lì dentro? Chiese il calzolaio, a proposito il nome di costui è andato perduto, forse si trattava di un certo Cirillo don Cirillo, visto che nella bottega dove si crede sia capitato il tutto è stata ritrovata, durante uno scavo per la rete fognaria, una soletta con la scritta: Qui giace il fu Cirillo don Cirillo, trovatore inconsapevole della Storia delle storia, a sua memoria porgiamo una soletta di cuoio sul vivido e umido muro di questa bottega.
Ritorniamo alla bottega del campanaro e alla sua testa nella campana. Cosa mai ascoltano le mie orecchie, rispose l’uomo. E così facendo uscì fuori con tutta la testa e con quelle orecchie da elefante che tanto gli erano servite per il suo lavoro, mostrando un bel paio di denti a pianoforte. Sono io, il calzolaio – urlò l’uomo. Sono venuto a farle leggere questa lettera, l’ho trovata per caso nelle suole delle scarpe del maresciallo Lombardino.
Hai trovato le scarpe di una lettera, che cosa bizzarra mi dici mai. L’uomo in effetti aveva difficoltà di comprendonio, con gli anni, ahimè già molto avanzati era peggiorato ancor di più e conosceva soltanto il linguaggio delle campane. Din, don e dan! Questo però s’affrettò a non dirlo al suo amico, e facendo finta di leggere disse che si trattava sì di una lettera d’amore, ma che non era del Lombardino quanto piuttosto del Campaniello, suo ex ex ex datore di lavoro. Era quella una lettera molto appassionata scritta da una donna, ne era sicuro per via di un particolare accento circonflesso fatto su una è. Era stata tradita da una malefica strega di campagna che l’aveva per dispetto trasformata in un fungo velenoso, e non potendo essere colta da nessuno lo pregava, lui che l’amava così tanto, di andarla prendere nei boschi. Lì avrebbe incontrato centauri, trattori e zeppe agricole ma non doveva scoraggiarsi perché il fato era dalla sua parte. Gli ricordava di chiudere il gas prima di uscire e rimboccarsi le coperte perché la notte faceva molto molto moltissimo super issimo freddo. Brrrrr! Fece il calzolaio. Brrrrrrrrr! Fece il campanaro. Brrrrr! Fece il ronzino Pinello che aveva ascoltato tutta la storia in silenzio, ma essendo alquanto freddoloso e irrispettoso subito proruppe con una frase che fece incuriosire i nostri protagonisti: Vedo che non hai letto proprio tutto, caro campanaro dei miei zoccoli, cosa c’è in fondo alla pagina, lì scritto in rosso?
Il campanaro che conosceva i limiti della sua lettura e che mai avrebbe voluto sfigurare davanti all’amico ignorante, si difese immediatamente. Ma certo che l’ho letto! Solo che tu non me ne hai dato il tempo. Visto che sei così impaziente allora dillo tu, che c’è scritto? Pinello rise di buon grado, adorava far arrabbiare il suo padrone e godeva ancor più nel mostrare la sua intelligenza.
Bene, allora continuo, c’è una nota a margine, si vede benissimo anche da qui senza leggere, c’è scritto la tua bella funghetta Mirtilla che se la passa un po’ malaccio qui nel castello delle Bizzarrie.
Il castello delle bizzarie! proruppero in coro. Ma non era stato distrutto dal drago Loffreddo con uno starnuto? Quel poveretto aveva preso la bronchite, vi ricordate? Veramente no, disse il calzolaio. Te lo sei inventato, disse il ronzino al campanaro. Ma che mi sono inventato! È la pura verità. Su, andiamo a chiedere all’erbivendolo – disse adirato. L’erbivendolo era un poveraccio che per fare quattro soldi e portarli a casa andava a raccoglierle l’erba per la strada e la vendeva a peso d’oro dicendo a tutti che era erba benedetta da un certo signore, che passando di lì col suo mantello, l’aveva fatta crescere spontanea. L’erba era di un acceso colore bluastro e si raccontava che avesse eccellenti effetti afrodisiaci.
Gli affari vanno bene amico mio? Chiese il ronzino all’erbivendolo. C’è la crisi, le tasse che mi salassano, ma con grazia messere ronzino non posso lamentarmi. E si mise una mano in tasca cacciando subito un mazzo di erba blu di montagna che ronzino si nascose dietro le orecchie. Non perdiamo tempo, disse il calzolaio, qua abbiamo un fungo da salvare da un drago bizzarro, leggi qui. L’uomo, che non sapeva né leggere e né scrivere, fece finta di trovare molto interesse nel foglietto stropicciato con su scritto chissà quale storia, e disse: Non avete capito proprio niente! C’è un fungo che s’è mangiata una tipa mentre faceva colazione alla casa del drago. Tutto chiaro? I tre dissero di sì con la testa e se ne andarono, contemplando la loro bugia.
Sulla strada di ritorno ognuno prese una direzione. Il calzolaio se ne andò diritto e incontrò sua moglie alla quale raccontò di una donna che viveva in un fungo perché era stata sfrattata per morosità; il campanaro girò a destra cadde in un pozzo e trovò un fungo, pensando che fosse la bella dama del castello delle Bizzarrie che voleva essere salvata, lo mangiò tutto d’uno fiato, dimenticandosi la parte, che aveva inventato lui stesso, della velenosità del fungo, e morì all’istante; il suo corpo fu trovato secoli dopo ancora integro e con le orecchie a palla; da lì la leggenda che il vento soffiasse solo il primo dell’anno quando l’anima dell’uomo si riappropriava delle sue orecchie e con movimenti rotatori creava i ben noti fuochi pirotecnici; ronzino dal canto suo, rise molto della faccenda, e la dimenticò in fretta; si sposò poco tempo dopo con un funghetto di provincia che gli aveva regalato il maresciallo Lombardini e morì per eccesso di bluite, una malattia che lo riempiva di pallini blu su tutto il corpo; l’erbivendolo fu ritenuto colpevole, ma non avendo prove a suo carico venne scagionato dopo due minuti. E Lombardini? In tutta questa faccenda lui che parte aveva? Nulla, l’ipotesi più accreditata è che abbia trafugato quelle scarpe a suo cugino, che le aveva comprate da un rigattiere di passaggio, che se l’era fatte dare da un una donna addormentata in cambio di una mela. La mela!