Così recita una frase del libro Addio sensi di colpa di Gerard Jampolsky. Lo leggo ora che sto lavorando a un testo sul perdono. E in effetti l’amore è questo: universo, unica parola che ho per descrivere i senza confini della definizione in alto; ma sulle aspettative trovo difficile muovermi. Tutti abbiamo aspettative: sul lavoro, in amicizia. in famiglia, con il partner. Per non parlare delle aspettative verso noi stessi, quelle sono le più difficile da eliminare. Vogliamo essere i primi e guai a non riuscirci. C’è chi diventa rabbioso e chi depresso se non arriva sulla vetta.

Le aspettative fanno male in generale. Ci deludono sempre. Come con un amico quando litighi e non sai bene il motivo. Questo mi è capitato spesso: io che uso le parole per guarire, inconsapevolmente, ferisco. Perché non sai bene chi hai di fronte e cosa di quella persona conosci. Un po’ perché le maschere le portiamo tutti e un po’ per indole direi ultra-sensibile. Si innesca una catena di parole che incrociano dei nodi difficili da eliminare. Se ci mettiamo anche l’ego a farla da padrone non si ritorna più indietro. 

Vediamo se da questa esperienza, per me da dimenticare, possano nascere parole nuove e piene di amore verso me stessa. E’ questo un modo terapeutico di utilizzare la scrittura. Il mio è un blog nato proprio per diffondere questo strumento di guarigione e per sentirmi libera di creare. Se mi fermo un attimo sulla mia esperienza – amicizia, dolore, tristezza – i tre campi che sono stati toccati in questo momento, posso facilmente arrivare alla parola che le unisce tutte e che racchiuderà poi il tema sul quale scriverò. Ci arrivo per deduzioni e incastri logici. Seguitemi:

amicizia;amore;mamma;infanzia;tristezza;dolore;
solitudine;incomprensione;incapacità di esprimersi;parole soffocate;paura;non essere amati;odio;terrore;perdono;rabbia;abbandono

La parola che mi è uscita è abbandono. Avrei potuto continuare ancora, ma mi fermo qui perché l’essere stata abbandonata o il sentire tale emozione così forte in me mi destabilizza.
Vediamo cosa ne esce fuori. Scrivo la parola in alto al centro del mio quadernone o della pagina bianca dello schermo, se volete, e parto ininterrottamente per 10 minuti. Rileggerò dopo, con calma, senza ansia. Segliete una musica allegra per non cadere nel tunnel dell’autocommiserazione se per caso è venuta fuori una parola come la mia. E da questo testo prendete a caso un’altra parola. La coscienza vi indirizzerà su quella giusta. Entriamo a matrioska nel nostro testo, ossia dentro di noi.

Non posso perdonare i tuoi abbracci mancati
E i no ai miei: Ci sei?
Sono una bambina abbandonata
Lasciata sola a meditare sull’amore
Perché chi poteva darglielo non l’ha fatto
E nessuno le ha spiegato cosa fosse
Lo ha cercato allora
Fra gli avanzi di un pasto frugale
Non trovando che scarti
Li ha chiamati amore
Per paura di perdere anche questi
Li ha mangiati
Assaporati
Odorati
Non erano che ossa su pelli
Che sapevano di niente
Nemmeno loro conoscevano l’amore

By Anna Ferrigno