Non avevo mai visto il film Into the wild di Sean Penn e sono contenta di aver accettato l’invito di un amico perché mi ha emozionato. Il film è tratto da una storia vera, quella di Chris McCandless, un giovane ventiquattrenne americano che, seguendo l’indole del suo destino errante, dopo la laurea decide di incontrare il mondo selvaggio: cammini a piedi, lavoretti occasionali, discese fluviali in canoa per scoprire luoghi mai visti prima. Il tutto senza cellulare né cartine stradali.

Non è il viaggio in sé quello che mi ha colpito di più quanto la sete di spiritualità di questo ragazzo. In Alaska, tra le poche cose che si era portato nello zaino non c’erano manciate in più di riso, ma libri. Leggeva i capolavori di Tolstoj o Dostoyevski. Aveva tutto il tempo per sottolineare le frasi più significative e di riportare a margine le sue sensazioni. Ad esempio questa idea di felicità di Lev Tolstoj da La felicità domestica (1859) è magnifica.

Di sicuro in quel posto sperduto del mondo Chris ha pensato alla sua vita. Anzi al senso della vita. Arrivando a scoprire una bellezza che a noi fra queste quattro mura di cemento sembra impossibile.

Chris ha insegnato a tutti quelli più veterani di lui che non è poi così difficile cibarsi di quello che la terra ti dà. Ma la sua giovane età non ha di certo contribuito a salvargli la vita, perché da quel suo eroico viaggio verso l’Alaska non ha fatto più ritorno. È morto per fame e di stenti peccando di ingenuità e di eccessiva sicurezza in se stesso. Leggendo il libro di Jon Krakauer che ripercorre la storia di Chris e da cui è stato tratto il film si rimane increduli di fronte a tanta spavalderia e coraggio, ma anche ammirati perché non è da tutti.

Chiudo con la sua frase di addio, ma che in realtà è di augurio:

Ho avuto una vita felice e ringrazio il Signore. Addio e che Dio vi benedica!

PS. Qual è il vostro senso della vita?