Grazie al suggerimento di una mia cara amica ho visto il film ispirato alla vita della scrittrice e illustratrice inglese Beatrix Potter. È stata una piacevole sorpresa. Ho scoperto una femminista che con garbo e tenacia ha portato avanti il suo sogno. Perché la professione di scrittrice se l’è sudata per davvero. Nell’Inghilterra dell’800, anche se di fine secolo, alle donne non era permesso lavorare né vivere da sole, figuriamoci creare e studiare scienza o letteratura. La filosofia e la letteratura erano prerogative degli uomini. Eppure Beatrix Potter ce l’ha fatta. Ha girato le spalle a queste discriminazioni ed è andata dritta per la sua strada. Perché non c’è nulla di più sbagliato che non seguire la propria indole. Quell’attitudine descritta così bene nella Teoria della ghianda, da Hillman, nel suo libro Il codice dell’anima:

“E’ più un mito che una teoria. E’ un mito di Platone, secondo il quale tu vieni in questo mondo con un destino, anche se usa la parola paradigma invece di destino. La teoria della ghianda dice che esiste un’immagine individuale che appartiene alla tua anima. Lo stesso mito esiste nella Kabalah. Anche i mormoni ce l’hanno. Gli africani ce l’hanno. Gli induisti ed i buddisti l’hanno in maniera diversa— lo legano più alla reincarnazione e al karma— ma anche lì arrivi in questo mondo con un destino particolare. E’ ben radicato negl’indiani d’America. Così tutte queste culture in tutto il mondo hanno una comprensione simile dell’esistenza umana. Solo la psicologia occidentale non ce l’ha”.

Beatrix Potter, nel film interpretata da Renée Zellweger, segue il suo destino nonostante scherni, maldicenze e sogghigni sul suo stato da Signorina. Quando le viene chiesto di seguire personalmente tutte le fasi di nascita del suo libro lei, inimicandosi la madre che considera il fatto poco confacente ad una donna del suo rango, risponde:

“Non mi viene in mente nessuna valida ragione per cui non possa andare in tipografia”.

Una frase impregnata della forza di una donna di 32 anni considerata niente altro che una zitella a cui piaceva disegnare animaletti. Invece la Potter stava soltanto seguendo la sua via. Ed è un bene per noi che l’abbia fatto. Che non si sia fatta scoraggiare da chi non avendo il suo stesso coraggio le metteva i bastoni fra le ruote. Pensate a quanti bambini sono cresciuti leggendo le sue favole e guardando le sue illustrazioni.

Certo non è stato tutto rosa e fiori. La madre la ostacolò in tutto. E non le fu mai permesso di avere un’istruzione adeguata. Il suo racconto Peter il coniglio venne pubblicato dopo molti tentativi. E purtroppo Norman Warne, il suo editore, colui che l’aveva incoraggiata a scrivere e di cui era innamorata, morì a pochi mesi dalle nozze per un’anemia perniciosa. Fu la svolta: via dalla casa paterna che a lungo l’aveva ostacolata, anche negli affetti, più libertà e più autonomia. Prese una casa tutta sua nella meravigliosa Terra dei laghi e si dedicò a salvare quelle terre dalla meschinità dell’uomo e a scrivere. L’amore arrivò di nuovo: alla soglia dei 50 anni sposò William Heelis, il suo avvocato.

E visse seguendo il destino della sua ghianda.