Scrivere è una gran fatica. La definirei una chiamata alle armi. Bisogna imbracciare penna e foglio bianco, per i più i-tech pc e mouse, e scendere in battaglia contro l’effimera paura. Paura di non farcela. Di scrivere delle assurdità macroscopiche. Di essere preso per stupido o stupida. Di fare errori grammaticali che nemmeno i bambini delle scuole elementari si sognerebbero di mettere nei loro temi.

“Ma come fai a scrivere certe cose? Come le hai pensate?”

Certo, non è facile rispondere a domande come queste. Il più delle volte non lo faccio, anche perché la creatività è figlia del mistero. E poi lo scrittore scrive per se stesso. Non è come con la scrittura professionale, dove lo fai per tizio che vende orecchini di pietre finte spacciandoli per alta bigiotteria o per Caio e le sue scarpe kitsch, lo fai per te. Affinché quel fanciullo che vive nel tuo cuore continui a meravigliarsi di una foglia caduta da un albero, del vento che trasforma le nuvole in animali, della clessidra di una maga col naso aquilino che conta alla rovescia il tempo che ti rimane per salvare il mondo.

E come si salva questo benedetto mondo? Lo scrittore lo fa con una storia. Il poeta con un verso. Il pittore con un dipinto. Ognuno di loro lo fa con l’anima. È l’anima che mi spinge a scrivere. Ho più volte pensato di seguire altre strade, ma finivo sempre con un pensiero in mente da decifrare e un taccuino su cui annotarlo.

Come spesso ripeto: scrivere è libertà di essere, di vivere, di creare mondi e finali alternativi, semplicemente con l’uso della parola. Ho iniziato a scrivere poesie dall’età di otto anni. Non sapevo come, eppure scrivevo in versi e rime, usando allitterazioni e scegliendomi parole che fossero musicali. Ma come potevo conoscere quelle tecniche, ero così piccola! Certo, se credete nella reincarnazione può esserci una spiegazione anche a questa dote. Oppure potrebbe essere stata mia madre. Lei non se lo ricorda, ma potrebbe aver letto un sonetto mentre mi portava in grembo. Conoscendola eclisserei l’ipotesi. L’unica cosa che mia madre legge con piacere o riguardano i santi o le ultime offerte dei supermercati.

Sta di fatto che qualunque spiegazione ci sia dietro al ‘perché io scrivo’, io scrivo. E lo faccio con passione. Passione che significa studio, ricerca, lettura e tante altre cose, come resistere alle tentazioni dello shopping perché chi vive di scrittura campa di gloria. O essere spesso con la testa fra le nuvole. O vedere dietro uno sguardo una storia da raccontare, e passare per una poco di buono.

Tra i miei pallini c’è il sogno di dirigere una rivista di poesia rock. A 11 anni ne avevo già ideato, scritto, stampato ed editato una. In prima pagina svettava la poesia I gabbiani di V. Cardarelli, e sotto, il mio editoriale di benvenuto al lettore, con tanto di enfasi sul lasciare le briglie e volare liberi. Ho ancora una copia di quella rivista. E quando la leggo ho paura di quella ragazzina di soli 11 anni. Forza da vendere… Forse dovrei tornare un po’ indietro.

Col tempo, e come molti che scrivono, si diventa meno sicuri sebbene più preparati. E si fa fatica a mostrarsi coraggiosi. Ma aprire un blog, creare corsi di scrittura creativa, o introspettiva, non è stato facile. E la cosa che mi fa andare avanti non sono i complimenti o meno delle persone. O i rifiuti degli editori. È la gioia che provo quando scrivo un verso. Quando sono riuscita a dare parola a quella accozzaglia di sensazioni o emozioni che provo. A quando posso creare un finale felice, perché voglio poter credere che esista la possibilità di una scelta diversa, con tutta me stessa.

Aggiungo di essere più lettrice che scrittrice. Leggo, sottolineo e riscrivo le frasi che mi hanno colpito, ovunque. Credo di non avere un libro lasciato immacolato. Di solito nell’ultima pagina c’è sempre una mia poesia. Sarà per questo che ho vergogna a prestarli…

Non c’è un posto dove preferisco scrivere. In alcuni casi la solitudine mi è molto cara. In quel silenzio ritrovo le parole perdute. Per cui non faccio altro che raccoglierle e finire il puzzle. Anche se mi è capitato di isolarmi nella confusione e trovare lo stesso le parole giuste. Non c’è una regola precisa.

Sono una scrittrice web un po’ sui generis. Leggo solo i post che mi interessano e commento poco. E non sempre seguo la tecnica della piramide rovesciata. Sarà per tutti gli anni spesi a fare la giornalista, ne ho un po’ la nausea e del mestiere e della piramide. Ad esempio avrei dovuto iniziare col citare la fonte di questo mio post all’inizio e invece l’ho lasciata in fondo. Non perché non meriti, ma perché volevo risultasse come il ps delle lettere. L’unica parte che si ricorda meglio.

Così ho seguito i consigli di un giovane scrittore di nome Daniele Imperi, che sul suo blog dedicato alla scrittura, Pennablu.it, ha editato un interessante post dal tema ‘Tu, scrittore’.

Daniele ci chiede di dare voce allo scrittore che è in ognuno di noi. E di farlo a modo nostro, come ci è congeniale.

A molte delle sue domande credo di non aver risposto. Non per codardia ma per complessità dell’argomento. Non escludo di prendere spunti per i miei futuri piccoli esercizi di scrittura. Ma per ora vi lascio con queste mie riflessioni e la voglia di continuare a scrivere.

Buona scrittura a tutti

Ps. L’esercizio di scrittura creativa di oggi è ‘Tu, scrittore‘ di Daniele Imperi.