La fattoria di Stilla era un piccola tenuta di montagna costruita dal signor Stilla sulla cima del monte Stilla. Era così piccola che nessuno riusciva a trovarla. La fattoria era infatti stata pensata ad immagine e somiglianza del signor Stilla, e lui non era di certo un omone. Il suo fisico esile e mingherlino gli era valso l’appellativo di Stilletto, un aggeggio che i contadini di quel posto usavano per mettere al sicuro il loro denaro. Ma poiché erano così poveri e magri ne avevano un esemplare così piccolo che era difficile anche da trovare.

Gli abitanti del monte Stilla erano molto miopi e non portavano gli occhiali perché non sapevano della loro esistenza. Forse non pensavano nemmeno di essere ciechi, giacché il fatto è venuto alla luce solo dopo il ritrovamento di una cassa piena di banconote proprio nella fattoria del signor Stilla.

Quando il signor Stilla aveva deciso di mettere a posto quel rudere fatiscente che era la sua fattoria, mandò a chiamare giù al villaggio i suoi amici, Pialla e Chiodino. Erano molto bravi a costruire e aggiustare catapecchie, solo che la loro miopia era veramente peggiorata e il risultato appariva molto creativo.

Prima di riuscire a imboccare la strada giusta per la fattoria di Stilla, Pialla e Chiodino avevano fatto per ben tre volte il giro del paese. Per fortuna che il paese era fatto solo di tre case, due erano le loro. Arrivati, trovarono il signor Stilla intento ad armeggiare con un mazzo di chiavi infinite. Le contava, le ricontava. Ma non riusciva a trovare quella giusta.
“Ma che stai facendo Stilletto?” chiese Pialla.
“Non riesco a trovare la chiave giusta per aprire questa porta. Le ho provate tutte ma è come se mi svanisse dalle mani”. E intanto avvicinava, con quei suoi grandi occhi azzurri, il volto alla massa corpulenta di chiavi che aveva fra le mani. Non c’era nulla da fare, il signor Stilla non vedendo bene sbagliava sempre, e prima che trovasse la chiave giusta era passata da un bel po’ la mezza. Pialla e Chiodino ne avevano approfittato per mangiare una bella fetta di pane col formaggio.
“Ce l’ho fatta!” gridò il signor Stilla con la mano ancora sulla porta della fattoria aperta.
Pialla e Chiodino si alzarono ed entrarono in casa.
In realtà Chiodino che era più miope di Pialla scambiò la finestra con la porta, ed entrò di lì.
“Questo scalino va tolto Stilletto; ci sono entrato con un tuffo a casa tua!”.
Il signor Stilla accompagnò i suoi amici verso il centro della casa. “Questa porta” e indicò un muro bianco “va tolta. La voglio lì!” e indicò un altro muro bianco. “Lo vedete questo colore?” Pialla e Chiodino si avvicinarono al muro bianco “è troppo rosso lo voglio di un bell’azzurro intenso”. “Lo potremmo fare… come abbiamo fatto quello di casa di Fòrmica, che ne dici Pialla?” disse Chiodino. “Quello era giallo sole, non credo…”.
E così mentre i due discutevano su un probabile colore delle pareti il signor Stilla andò un attimo in camera sua. Ne uscì poco dopo con un baule di legno che poggiò sul pavimento.
“L’ho trovato sotto il mio letto. È pieno zeppo di fogli di carta. Se volete potete usarli al posto dei giornali”.

Lo aprirono.
Pialla, Chiodino e Stilletto guardarono, rigirarono, svuotarono tutto il baule, e nessuno di loro si era accorto che quella non era carta comune, ma denaro. Una cassa piena di banconote e nessuno riusciva a vederle.

I lavori cominciarono.
Pialla sfondò tutto il muro della stanza centrale e ne fece un’enorme porta che prendeva tutta la parete. Quella porta dava direttamente sul precipizio, nel retro della casa. Ma era una svista!

“Ora bisogna tinteggiare il soffitto, prendi un po’ di quella cartaccia dal baule e mettila sul pavimento, Chiodino”. In un batti baleno i fogli di carta, tanto preziosi in altri mondi, divennero un tappetto su cui cadeva pittura, smalto, colori e tutto quel po’ di materiale che di solito ci si ritrova ovunque quando si tinteggia.

I lavori dopo due giorni terminarono. La porta non fu aperta dove era stato chiesto, e il muro venne dipinto a strati verdi, gialli e rossi. Ma il signor Stilla fu contento del lavoro, e premiò i due lavoratori con pane e formaggio e due soldi, perché era povero e più di tanto non poteva sborsare. Spillo e Chiodino furono contentissimi. Misero da parte il soldo e mangiarono subito il pane e il formaggio.

Il tempo trascorse per il signor Stilla, e nessuno si accorse mai di aver usato del denaro per pulirsi i piedi, solo un suo pro-pro-pro nipote che aveva ereditato la bicocca rimase stupito. Al suo ingresso in quella casa rimase abbagliato da tanta creatività: il pavimento e i muri erano tutti pieni zeppi di bigliettoni. Avevano creato un mosaico di arte moderna che, secondo i critici venuti per valutarlo, forse era stato realizzato dal maestro Bello Sguardo di Catavarello. Il pro-pro-pro nipote del signor Stilla divenne ricchissimo all’istante. Ma il mistero rimaneva: come faceva il suo avo analfabeta e povero ad aver convinto Bello Sguardo a salir sul monte Stilla?
Stranezze di un vecchio miope! 😉