A volte capita che le cose impazziscano senza avvisare. Questo è ciò che accadde ad una nota, nel quieto crepuscolo di un giorno qualunque, durante una sonata estiva a suon di pianoforte.
“Brù-brà” pronunciò Nota. Mano continuò a suonare ignara dello strano lamento, ma Orecchio, che in fatto di suoni la sapeva lunga, percepì subito il fastidio. Chiese a Mano di pigiare meglio il tasto perché aveva sentito un suono poco familiare: “Sento che qualcosa non va. Mano riprova a suonare quella nota”. Il risultato fu lo stesso. “Bru-bra”, fece la nota. Orecchio sussultò. Non era mai capitata una cosa simile prima d’ora.
Occorreva chiedere aiuto. E a chi se non a Cervello.
“Cos’è che non va?”, chiese Cervello a Orecchio.
Orecchio, con un veloce stimolo, spiegò a Cervello che la nota era impazzita.
“Non si tratta di stonatura” si affrettò a dire anticipando la domanda di Cervello. “È un linguaggio incomprensibile, sentilo” disse.
“Ohhh-ahhh-grrr-srrr” sibilò nuovamente la nota.
Mano non si era affatto distratta da quei lamenti. Per lei la discussione era assurda. Di fatto aveva ragione. Lei poteva sentire il tatto di una cosa, non di certo il suono. E incurante continuò ad arpeggiare.
“Grue-grui-gruu”, Nota sembrava proprio indispettita. Non aveva nessuna intenzione di mollare la prese. Anche le altre note presero a seguirla. Il pianoforte era impazzito, come se fosse posseduto da un diavoletto stonato.
La notizia si estese a tutto il corpo: Mano la comunicò a Braccio. Braccio la disse a Collo. Collo a Bocca. Bocca a Cervello. E così fecero anche le note. Tutto era un vociare senza limiti.
Cervello decise di intervenire. Ordinò a Mano di spingere il tasto della nota ancora una volta. Mano titubò un istante. Era da tempo che suonava e sapeva che nulla, in musica, nasce dalla violenza.
Cercò con tutta sé stessa di dissuadere Cervello.
“Sono il padrone. E voi fate ciò che ordino io. Pigia quel tasto, mano!”, rispose indispettito. Cervello stava perdendo il controllo così impartiva più ordini del dovuto.
Mano non poteva rifiutarsi. Esisteva, fra di loro, un legame vecchio quanto il mondo e le mani dovevano obbedire al cervello.
Nota era capricciosa invece. Lei non apparteneva a Cervello. Era libera.
“Spritz e sprutz” sibilò.
“Braccio pensaci tu!” ordinò di nuovo Cervello.
Braccio titubò così come aveva fatto Mano.
“Muoviti!” ripeté Cervello.
Braccio, esattamente come Mano, non poteva disubbidire a Cervello. Fra loro c’era un patto ancora più vecchio. Prese a scivolare sul piano e il risultato fu un coro insolito di note imbizzarrite e ostili che mal tolleravano quell’atto brutale.
“Ma cosa combini?” chiese Gamba a Braccio.
“Sto eseguendo gli ordini di Cervello perché c’è una nota ribelle”.
Gamba incuriosita chiese a Cervello se poteva provarci lei. Si scaraventò sulla tastiera e il pianoforte indietreggiò impaurito.
Con Gamba impazzita e Braccio imbronciato Occhio si aprì nervoso.
“Cervello perché non ordini a quegli arti impazziti di fermarsi?” chiese.
Cervello non rispondeva. Nota aveva creato un caos.
“Spritz e sprutz”, ruggì la nota strapazzata, strattonata e pigiata.
“Basta!”. Una voce profonda intonò nell’aria.
Braccio si fermò. E così fece Gamba, e Orecchio, e Mano, e tutto il corpo. Tutti si chiedevano chi fosse e da dove provenisse. Anche Cervello rimase colpito.
“Amici miei calmatevi. È solamente un suono. Ascoltate e sentite cos’ha veramente da dire Nota”, disse la voce.
Nel frastuono generale e senza ordine da Cervello, Gamba cessò di saltare sulla tastiera, Mano finì di strapazzare la nota ribelle e così fecero tutti gli altri.
La voce aveva chiesto di ascoltare la nota. Ma se Cervello non avesse ordinato di ascoltare, nessuno poteva far niente.
“Cervello dicci cosa dobbiamo fare?” chiesero in coro. Ma Cervello non rispondeva.
Poi però, avvenne un fatto strano, un raggio di sole entrò dalla finestra e illuminò Nota. L’atmosfera era calma. La stanza piena di questa pace si arricchì di oro e di rugiada. E Nota prese a cantare. Uccelli danzanti, arie struggenti, amori passionali.
Lei voleva semplicemente cantare l’amore e non potendolo fare era impazzita.
Ora che l’enigma era stato risolto tutti si chiedevano chi fosse stato a parlare.
“E’ il cuore, sciocchi!” rispose cervello.

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