È che quando riprendo a scrivere mi chiedo sempre dove sono state le mie parole in tutto questo tempo. Le avrò dimenticate da qualche parte, com’è mio solito fare, oppure le ho lasciate lì, sole, piccole e indifese, senza cullarle con una nenia materna, perché, a volte, lo ammetto, divento così esigente da punirle, punirmi, anche. Come osano impossessarsi di me, del mio cuore, cucirmi addosso emozioni e ricordi di cui ne farei a meno!
In questa estate lunga e calda il mio pensiero draga sabbie asciutte in cerca di perle preziose e, sotto questo sole, mi scotto. La mia fronte aggrotta rughe e sorrisi di smorfia. Ma loro, le parole, mi aspettano e dicono: «Siamo qui, al tuo fianco, sempre accanto a te; nel dolore, nella gioia, nella fuga che tanto di appartiene; siamo semplicemente noi stesse, cos’altro vuoi?».

Chi scrive scava in se e fuori di se: cerca ma non cerca, sa di essere il povero che cammina senza scarpe, l’amante che bacia l’amato, il figlio che urla ai genitori, l’operaio che torna stanco, lo studente che spera nel mondo. Sa di essere qui e altrove, di poter sorvolare le nubi e atterrare in America, dove una grande e saggia sequoia è lì che aspetta di potergli narrare immagini che pochi occhi hanno visto.

Fu dolce bere il tuo nettare
E candido dormire ai tuoi piedi
Poi mia musa reclamasti il posto
E cedetti il passo
Lasciando che le tue parole
Incoronassero i miei suoni

Buona scrittura a tutti