Ne approfitto e faccio mio il titolo di un libro che lessi molto tempo fa, di Donatella Bisutti, La poesia salva la vita. Parole da centellinare una ad una perché la poesia non ama la fretta. E’ dunque nella poesia che si nasconde la via, quella della guarigione. Nei versi dei miei poeti preferiti ho corso lungo allitterazioni che mi hanno acquietato la mente, cantando al silenzio parole in una lingua conosciuta solo dall’anima.
Nella poesia l’anima danza sovrana, libera finalmente di esprimersi. Perché i poeti parlano al cuore, conoscono davvero il linguaggio dell’amore e non hanno bisogno del superfluo per vestirsi. Un dolore, un lutto o un brutto momento possono diventare brocche di fiori con cui ravvivare la sete o sinuose foglie su mari di perle.
La poesia fa usciere la parte più bella di noi, quella che non ha bisogno di lunghe frasi per farsi capire. Basta una parola, un punto messo lì, e non altrove, o un andare a capo per accorgerti di quello che non vedevi. Ho scoperto la poesia prima ancora che capissi cosa fosse la poesia. Mi uscì di getto una metafora lunga qualche verso sul senso di un tramonto e del giorno che volgeva al termine; e la sensazione di felicità che provai fu pari alla bellezza a cui stavo assistendo.
Ho più volte sostenuto che le parole sono importanti.
Di come influenzano la nostra mente e il nostro futuro.
Di quanto è terapeutica la scrittura.

Molti pensano, guardandomi così, superficialmente, che sono una persona gioviale e felice, che corro e ballo tutto il giorno. Certo, in me risiede anche questo aspetto, ma non ho una tale forza da impedire al buio di venirmi a trovare.
Ieri, ad esempio, era una di quelle giornate in cui le responsabilità mi sembravano muri insopportabili. Muri giganti. Tanto alti da mettere in discussione me e tutto ciò in cui credevo.
Ero lì, seduta, e in attesa del mio turno, in una di quelle lunghissime file dal proprio medico, dove diventa incerto tutto, e non solo l’ora in cui arriverà il tuo turno. Ne approfitto per leggere un libro che da tempo non avevo finito e non mi andava di lasciarlo in sospeso. Ma tra le parole che leggevo e quelle che prendevano il loro posto, nel mio cervello era iniziata una guerra.
Ero nel bel mezzo di un campo di battaglia, da un lato le parole che guariscono e dall’altro le parole che mortificano. Le ultime stavano prendendo il sopravvento, quando decido di alzare lo sguardo dal libro e guardarmi intorno.
Al mio fianco c’era lei, una giovane donna con il caschetto, alcuni denti le erano caduti e aveva un po’ di vergogna a ridere. Il suo malanno era nell’anima, si vedeva. Si vedeva da quello che diceva, dalla voglia di raccontare la sua vita a chiunque passasse di lì. E dal fatto che nessuno la stava ad ascoltare.
Così ho saputo che non aveva lavoro, che i genitori erano morti e che un ragazzo, di cui era molto innamorata, la trattava così male da farmi venire la voglia di picchiarlo.
Quando ti fissava dritto negli occhi, col suo sguardo fiero, temevi veramente che ti stesse leggendo i pensieri. Molti la davano per svitata, aveva quella vena di follia che non è pericolosa, anzi. A me piacque subito, e poiché non le rivolgevano molto la parola, tanto che ha parlato da sola per molto tempo, le ho sorriso. Lei ha ricambiato, e mi ha chiesto: Ami molto leggere?
Il libro che tenevo poggiato sulle gambe, certo, me lo ero dimenticato, quello era solo un mio capriccio, un progetto da terminare, la vera lettura è un’altra cosa. Avrei dovuto spiegarle questo, ma mi è uscito un semplice “Sì, molto”. Quel sì, fu il la per intonare la sua canzone, perché da quel momento si illuminò tutta, e mi disse, contenta, che lei scriveva poesie!
Con un linguaggio così semplice, lontano da similitudini inutili, mi ha spiegato che la poesia le ha salvato la vita.

Non so come capita, credimi, ma se vedo un bimbo che gioca, una nuvola, un fiore… io, ci devo scrivere qualcosa. Spesso mi compro dei quaderni e scrivo. Mia sorella mi chiede da dove faccio uscire queste cose, e che ne so, le rispondo, escono e basta.

Poi mi ha fatto leggere alcune cose che aveva scritto, e mi sono rallegrata nel vedere con quale maestria una donna, all’apparenza analfabeta, mi stava istruendo il cuore. La poesia dunque le aveva salvato la vita, le aveva dato quella bacchetta magica capace di aprire tesori nascosti. La poesia l’aveva resa libera dalla sua stessa malattia, e dagli sguardi indagatori della gente. Probabilmente la poesia non potrà cancellare quella sua vena folle, ma le ha regalato parole d’amore e momenti di pura bellezza, pari a quelli di un’artista davanti alla sua opera conclusa.

Se in quel momento stavo dubitando delle mie parole, è grazie a lei, alle sue poesie che mi sono salvata.

Buona poesia a tutti!