Raimim era una fata del Paese di Berlozia che aveva imparato ad usare i colori per scrivere i suoi pensieri. Trascorreva l’intera giornata, nella sua casetta al centro del Bosco delle Dolci Piume, a crearne di nuovi. Aveva già una collezione immensa: rosa, rosso, giallo, giallo ocra, terra di Siena, terra bruciata, bianco, nero, azzurro, viola, azzur… azzurro! Azzurro era scomparso. Raimim, spaventata dall’improvvisa assenza dell’amico colore, prese a cercarlo dappertutto. Sul comò, nel settimino di nonna Fiorenza, fra le lenzuola del corredo di zia Firluzza. Sotto il letto, dentro il materasso, negli angoli, negli interstizi più bui di una casa luminosa per natura. Nulla. Azzurro non si trovava.

Raimim era disperata.
I suoi colori non avevano mai dato fino ad ora segni di ribellione.
Perché era successo tutto questo?

Decise di non lasciarsi travolgere dalla paura e di provare a dare vita ad un altro azzurro. Miscelò per bene tutti gli ingredienti: una noce di petali di Lithodora per iniziare, qualche manciata di semi di Anemone coronaria per guarnire e un pizzico di essenza di Scilla sibirinica per addensare.

L’essenza di Scilla sibirinica era finita.
Catastrofe!

Raimim sapeva che l’unico posto dove quel raro fiore cresceva era il Regno di Buttasasso. Ma a causa di un litigio col Re era stata bandita. All’epoca doveva terminare una poesia e le serviva quel fiore per colorare le parole del finale. Lui, tipo schizzinoso, le rifiutò l’ingresso. Così Raimim lo addormentò. Rosso, arancio, giallo, un pizzico di violetto; e voilà, il re dormiva come un agnellino sul trono reale. Di nascosto uscì dalla sala del trono e nei giardini del Regno di Buttasasso trovò la Scilla sibirinica. Pensava di averne abbastanza, ma il tempo passa e anche i colori finiscono. Così l’azzurro aveva lasciato la sua casa e lei era costretta a ritornare di nuovo da Buttasasso per colmare il vuoto.

Bando a paure e timori vari Raimim imbucò il sentiero alla ricerca del suo azzurro. Una gran varietà di colori le si parò dinanzi. Violette frizzanti, argenti vivi, rossi mirtillo si mescolavano a bianchi dorati, verdi vispi e rosa ridenti. Raimim volò in quel campo colorato sentendosi come una farfalla che vede per la prima volta la vita. Qui incontrò Nonna Tartaruga che le chiese di portarle alcune gocce di rugiada adagiate sulla ninfea che si trovava al centro dello stagno.

Sono troppo vecchia per poterle prendere da sola, disse.

Raimim non aveva il coraggio di deludere Nonna Tartaruga e anche se la ninfea era molto distante da dove si trovava, decise di incamminarsi e andarci lo stesso.

Volò dritta verso quel fiore.
Il vento le graffiava il volto.
Temeva di aver esagerato questa volta.

Una folata giunse più forte e la scaraventò su una pietra, proprio lì ad un passo dalla ninfea. Bastava che allungasse le mani per prendere qualche goccia di rugiada, ma non ci riusciva. Sola, su quella pietra, si girò verso il cielo e, come una scoperta improvvisa mentre sei intento a fare altre cose, lo vide.

Il cielo!
Coi suoi colori, le nuvole, gli uccelli.
Aveva dimenticato quanto fosse bello il cielo.
Era di un azzurro intenso. Non era mai riuscita a rendere azzurro così a casa sua.
Provò a toccarlo, ma il cielo era lontano. Raimim non poteva prendere quel colore.
Il cielo era azzurro per tutti.

Raimin divenne triste e scoraggiata. Una piuma le cadde dritta sul volto. Una piuma della stesso azzurro del cielo. Raimim la guardò. E più la guardava più si sentiva felice. Quello era il colore che le mancava. Era il colore capace di farle scrivere la parola che fino ad allora non aveva mai osato pronunciare: LIBERTA’. Si fece forza sulle gambe e si alzò. Volò fino alla ninfea dove raccolse le gocce di rugiada. Nonna Tartaruga si sentì rincuorata e Raimim riprese il cammino. Aveva negli occhi una luce nuova. Raggiunse il Regno di Buttasasso in un batter d’occhio. Parlò col Re. Fecero pace e lui la invitò a tenere il discorso d’apertura per la festa dei Colori.

Nel giro di pochi giorni Raimin aveva creato tantissime varietà di colori da usare per le proprie parole. Li portava con sé nei suoi spostamenti. Questi mutavano, a volte avevano delle sfumature indecifrabili. E Raimim ne era orgogliosa. Il suo discorso passò alla storia come il Discorso sulla Libertà dei Colori più bello del mondo.

Eccone un estratto:

“Ho un sogno: che il nero abbracci il bianco; che l’azzurro si unisca all’arancione; e il verde al rosso. Non esiste un colore più bello di un altro. Sono tutti unici e meravigliosi. Vi dico che la vita è un cesto pieno di colori. Ce ne sono per tutti i gusti e per ogni cuore. Cercate il vostro colore, accoglietelo, ma lasciatelo vivere. Non chiudetelo nel buio delle vostre coscienze. Il colore è gioia. È qualcosa di vero e tangibile. Prendete questi regali e dipingete la vostra vita. Una vita libera. Come l’azzurro di questo cielo”.