Racconto di scrittura creativa (con file mp3), che parla di come un papà nato macellaio provi a convincere sua figlia, nata vegetariana, a mangiare carne. Divertente e ironico, e dal finale… non ve lo posso dire!

Il paradosso fu scoperto quando la piccola rifiutò la famosa fettina di vitello.
Ma che fa,” chiese allarmato il neo padre alla neo madre “non mi mangia la carne?
“È solamente troppo piccola. Vedrai che quando i denti le saranno cresciuti per benino, masticherà anche le fiorentine!”, esclamò la donna speranzosa.

Ma la speranza non accennava affatto ad arrivare. Sì, perché la giovane di mangiar carne proprio non ne voleva sapere. Ci avevano provato in tutti i modi: era stata visitata prima da un centinaio di dottori ed esperti in carnologia. Questi avevano addirittura provato a farle ingurgitare delle pillole di carne suina; uscivano dai lobi sotto forma di verdurine già tagliate e pronte all’uso. Poi fu spedita in una fattoria per soli animali. Qui prese ad annusare l’erba dei prati e a grugnire come il porcellino Billy, nel frattempo diventato suo migliore amico. Il padre pensò di portarla allora nel famoso santuario dei Carnelitani sazi. Qui la fanciulla tanto fece e tanto disse che convertì quei poveri fraticelli alla Verduresimo. Si trattava di una pratica religiosa derivante dal ramo, ben più diffuso, dell’Anticarnesimo. Gli anticarneisti credevano nella potenza della mente dei vegetali. Il loro cervello, secondo questi religiosi, è considerato più grande di quello dell’uomo e come tale più potente; l’era della verdura è arrivata: era il loro motto. Un grosso tortino di patate venne dunque eretto in sacrestia e migliaia di fedeli giunsero a venerare la famosa patata dei Carnelitani.

Il padre macellaio stava impazzendo. Non era mai successo che nella sua famiglia, macellai da generazioni, qualcuno fosse restio alla carne. Con molta probabilità, sua figlia era pazza oppure sua moglie lo aveva tradito. Ma non era possibile. La fanciulla era identica al viso paterno e nessuno avrebbe pensato male di quella pia donna della madre. L’uomo pensò di risolvere la cosa a modo suo. La figlia non era mai stata in macelleria. Perché dunque non invitarla? Realizzò il bigliettino avendo la massima cura per i particolari. Dal retrobottega prese una succulenta cotenna di maiale, la fece sbollentare per ore n. 03 e seccare al sole per giorni n. 02. Quando fu bella che pronta bruciacchiò la cotenna e la colorò con una leggera nuance ambrata. La pergamena era fatta; bisognava solo scrivere l’invito. A questo scopo il padre, più amorevole che mai, staccò una piuma dal lato B dell’oca di famiglia e la intinse nel sanguinaccio fresco di giornata.

La lettera così recitava:
Mia cara figliola,
sono lieto di invitarti nella mio retrobottega per un bel tête à tête.
È da troppo che siamo lontani e io vorrei ricucire lo strappo carnesco nato fra di noi.
Ti aspetto domani sera dopo l’orario di chiusura.
Con tutto l’affetto che provo,
quel macellaio di Papà
”.

L’uomo arrotolò ben bene la pergamena e la pigiò in una delle sue famose budella di Montone: budella naturali, provenienti dal paese della Budenzia, usate soprattutto per decorare le salsicce della Regina madre. Affidò la pergamena al piccione viaggiatore Romeo e questi, volteggiando e gironzolando, arrivò dritto nella stanza della pulzella. Prima provò a citofonare, ma il piccionese non è una lingua molto conosciuta fra gli umani.

Quando la lettera venne recapitata a destinazione, la giovane donna rimase stupita. Il padre aveva mostrato, con quel gesto, una forte apertura; era giusto ricompensarlo accettando l’invito. Il giorno successivo lo dedicò a prepararsi. Mise il suo vestito migliore, un velo di cipria e, con la torta della nonna fra le mani, entrò in bottega. Com’era bello il padre nel suo vestito di matrimonio. Un inchino, poi la fece accomodare nel retrobottega. E tra carcasse, spiedini, salsicce, polpette, polpettine e polpettoni le versò il thè. Le mani gli tremavano. Anche lei dall’emozione di quell’incontro prese a tremare, tanto che nel tagliare la torta si ferì un dito.

“Cos’è successo?” fece il padre preoccupato.
“Nulla. Solo un graffietto” rispose la fanciulla.
“Fammi guardare” proruppe allora l’uomo.
La figlia gli porse l’esile mano da cui affiorava un leggero rivo di colore rossastro, e lui sconvolto le chiese: “Ma è sangue?”.
“Si” rispose la figlia.
Il padre svenne all’istante. Referti medici sostengono che soffrisse di una rara malattia da rigetto alla vista del sangue. Si svegliò alcuni anni dopo con una forte crisi mistica culminata nell’adesione alla setta “Siamo tutti figli di Budella”. L’ultima volta che è stato avvistato stava rubando interiora e ventresca da un supermercato della zona. Voleva restituirli ai legittimi proprietari. Chi sapesse se c’è riuscito, lo posti sul blog.

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