Dal laboratorio di scrittura creativa un esercizio per sviluppare l’immaginazione. Questa volta inventeremo una storia disponendo di una sola parola.

Le parole hanno sempre avuto nel mio immaginario molto fascino perché hanno il merito di stuzzicare la fantasia senza produrre nessun danno (a parte l’essere considerata una donna un po’ sui generis, un nomignolo piacevole, e tutto sommato anche azzeccato). Ripartiamo, dunque, dalle parole prendendo un esempio estratto da “La Grammatica della fantasia” di Gianni Rodari. Ho pensato di riproporre un piccolo esperimento di scrittura unendo parola e immaginazione. Partendo dal presupposto che ogni parola ha un suo significato letterale, cercheremo di andare oltre e di far volare la nostra fantasia. Ognuno di noi è pieno di immaginazione, dai più piccoli ai più grandi. Ci serve per vivere in questo mondo. Ce la portiamo dietro in ogni momento, mentre parliamo mentre giochiamo mentre guardiamo. Quante volte ci sarà capitato di associare ad una parola un’altra o addirittura un intero fatto o un episodio della nostra vita. (Scrittura della memoria, spunto per il prossimo post). Se provassimo a presentare a dieci persone la stessa parola, resteremo sbalorditi di fronte a dieci immagini diverse. Dieci vissuti unici.

Il bello di un esperimento di questo tipo è la possibilità di lavorare in gruppo perché è più divertente e si fa più esperienza. È per questo che suggerisco spesso a gruppi di amanti della scrittura questo esercizio di Rodari. Partiamo dunque dalla parola SASSO e mettiamola in fila, scrivendo le lettere una sotto l’altra. Associamo ad ogni lettera la prima cosa che ci viene in mente:

S= sonno
A= attorcigliati
S= sicurezza
S= stuola
O= Orvieto

Osserviamo un po’ cosa ho combinato. Queste prime parole, a dire il vero, non mi suggeriscono nessuna immagine. Non c’è una storia da raccontare, o almeno in questo preciso istante non mi viene in mente nulla di particolare. Per cui ci riprovo, faccio uno sforzo maggiore, ossia quello di associare alle lettere di sasso parole che formino una frase di senso compiuto:

S= sono
A= allarmata
S= stanno
S= salendo
O= ostinatamente.

La frase che è uscita “Sono allarmata stanno salendo ostinatamente” ha già un suo perché. C’è una storia potenziale da sviluppare dietro. Le domande che mi pongo possono essere: chi sta salendo? Cosa vuole da me? Chi sono? Perché sono allarmata? Cosa ho fatto perché debba nascondermi? Mi sto veramente nascondendo? Insomma una serie di domande che se messe insieme portano alla nascita di un piccolo racconto partendo, come suggerisce il titolo del post di oggi, da una sola parola. Vi aspetto con tante idee carine da postare e da condividere.

Buona scrittura a tutti.

“Sono allarmata stanno salendo ostinatamente, mi senti Mario?”
La linea era stata interrotta, Rosa non poteva comunicare più con nessuno, il telefono inviava un suono assente. La paura di rimanere senza l’aiuto sperato fece trasalire la donna che per cipiglio scaraventò il telefono sul letto. Sola, su quel morbido materasso, pensava al da farsi. I cani ormai avevano raggiunto la sua camera. Li sentiva graffiare e abbaiare davanti la porta.
“Andate via” si ripeteva cercando di non farsi sentire.
“Dove posso nascondermi? Il baule della bisnonna, certo perché non ci ho pensato prima”.
Eccolo il baule della bisnonna, vuoto, perché la biancheria Rosa l’aveva regalata alle figlie per il loro matrimonio.
“A me non servono, sono una persona anziana” aveva detto. Era chiaro che voleva solo farsi corteggiare. Rosa sapeva di essere bella e dell’età che avanzava poco le importava.
“Ancora che insistono”.
I cani non mollavano. Dopo poco alcune voci maschili e femminili li raggiunsero. Doveva nascondersi e fare il più in fretta possibile. Il tempo di entrare nel baule di legno e accovacciarsi come una bambina piccola piccola, che la porta sbatté alle sue spalle. L’abbaiare adesso era nitido. Forte. Rosa li sentiva vicini. Trattenne il fiato per un istante poi la luce inondò quel buio temporaneo.
“Nonna, nonna ti ho scoperto. Adesso tocca a me nascondermi”.
“Ok, ho perso. Però il cane lo prendo io questa volta.”