La vita di Antonio Schiamarzi era stata molto difficile.

Orfano di padre, visse nel periodo a cavallo fra due guerre e nel giro di pochi anni perse anche la vecchia madre malata. La donna non morì di malattia, fu vittima, invece, del morso della rarissima formica Kiù – data per scomparsa con lo sprofondamento dell’Isola di Bulundia e declamata nei famosi versi del poeta Oraspetti Che Telatrovo:

“In sul finir dell’anno la gente solea recarsi all’Isola di Bulundia per partorire rose e fiori…”.

Figlio unico lasciò che la sua esistenza si perdesse dietro lavori, lavoretti e lavoracci pur di non soccombere ai morsi della fame. Come quando decise di raccogliere, per poi rivenderle, le candele finite del cimitero. Ma la sua attività fallì a causa della depressione economica che colpì duramente il suo paese. Da molti esperti definita ‘La più depressa fra le depresse’.

Alla sua morte, prematura e senza soldi, venne ritrovato in una grotta da alcuni speleologi che lo presero dapprima per uomo preistorico. Poi accertato che si trattava di bipede umano moderno e senza valore alcuno fu scaraventato, senza troppi rimorsi, in una fossa comune.

Di lui si perse ogni traccia fino a quando, anni dopo, durante i lavori per l’apertura di un centro commerciale extra lusso, la trivella cacciò fuori il suo cranio bucherellato. Il fatto venne tenuto in gran segreto, onde evitare l’arrivo della Sovrintendenza, e quel mucchietto smaltito nella mega discarica regionale del Parco del Montebello; andando a formare una delle tante montagne di spazzatura che a perdita d’occhio si vedono ancora oggi dalla tangenziale.

Di sicuro con un curriculum ricco di sofferenze e penitenze le porte del Paradiso si sarebbero dovute spalancare, di questo ne era certo. E quando Antonio Schiamarzi si presentò allo Sportello Visti per il Paradiso sapeva di essere avvantaggiato.

– Ehm, signora mia – spiegava Antonio Schiamarzi ad un’anima che come lui aspettava il suo turno – io ho tutte le credenziali per andare in Paradiso. Prima di tutto sono orfano. Poi mia madre è morta quando ero ancora piccolo senza lasciarmi nemmeno un soldo. E sono cresciuto in un periodo davvero difficile per l’umanità! Povero me…

Quando parlava della sua esistenza i suoi occhi si riempivano di orgoglio, il labbro superiore si emozionava tremante e qualche capello cedeva alla resistenza spinto dal peso della sfortuna.

– Antonio Schiamarzi è desiderato allo Sportello Visti per il Paradiso. Con urgenza! – intimò una voce dall’alto.

– Sono io! È il mio turno, signora Fortunia la saluto. Non si preoccupi metterò una parolina per lei.

E congedandosi in tutta fretta si diresse all’ufficio competente.

– Com’è fortunato questo Schiamarzi – pensò fra sé la donna. – Andrà diritto in Paradiso. Povera me, io sono sempre stata felice. Se solo avessi accettato qualche scappellotto da mio marito, forse ora…

– Eccomi, Antonio Schiamarzi sono io. Piacere.

Lo spirito seduto dall’altra parte della scrivania lo guardò a malapena. Aveva gli occhi colore azzurro mare di Ferragosto e due ali enormi e piene di candide piume. Spostò l’enorme ciuffone biondo, alla Elvis Presley, e gli indicò uno sgabello.

– La prego si sieda.

Antonio Schiamarzi dall’emozione cadde.

– Mi scusi.

– Male, male – rispose l’anima celeste.

Antonio Schiamarzi sentì il cuore fermarsi. Anche se da morti il cuore non batte più l’effetto era identico.

– Incominciamo male. Lo sgabello è tarato per l’ingresso in Paradiso. Se fa cadere qualcuno è perché in vita non è stato così infelice.

Poteva dipendere da uno sgabello la vita di Antonio Schiamarzi? Certo che no! Si fece coraggio e gli porse un mucchietto di fogli strapazzati e scarabocchiati su cui aveva scritto a matita tutta la sua misera esistenza.

– Legga qui il mio bagaglio di sofferenze e maltrattamenti subiti. Legga, legga pure.
– Si, si…
– Ha letto di quella volta che fuori nevicava e io, senza casa, mi ero rifugiato in un casolare distrutto? Mi scusi se piango, ma quella volta fu drammatica per me.
– Non esageriamo per un po’ di acqua fredda.
– E quella volta che ero riuscito a farmi regalare un pezzo di formaggio di capra e per poco non morivo di fame perché un topo di campagna aveva trovato il nascondiglio, e se l’era pappato in un sol boccone? Legga, legga… è segnato in rosso.
– Lo conosco quell’episodio. Lo conosco molto bene. Ho dovuto curare personalmente quel povero topino dall’intossicazione che LEI, signor Schiamarzi, gli ha procurato. Quel topo, caro signore Schiamarzi, le ha salvato la vita. Non se la prenda, ma le devo negare il visto.

Antonio Schiamarzi spalancò gli occhi incredulo.

– Cosa? Il visto… a me. Ma io sono stato infelice tutta la vita. Ho sofferto i morsi della fame… legga… legga.
– Signor Schiamarzi la burocrazia celeste è molto chiara: “Occorrono 140 crediti per il Paradiso” e lei ne ha solo 68.
– E la fossa comune, l’ha conteggiata vero?
– Certo, ma era così contento di stare lì in compagnia di tutte quelle ossa, che alla fine l’Universo ha pensato di farle un piacere. E i punti le sono stati tolti. Tutti.

Antonio Schiamarzi non aveva più forza nelle gambe.

– Suvvia, non faccia così. Lei è un uomo fortunato! Ho proprio un posto da reincarnato giusto per lei. Questa volta avrà una vita piena di crediti formativi. Colga l’opportunità, non se la lasci scappare.

– Che significa? – chiese con un fil di voce.

– La manderemo nel Deserto delle Anime sole, lì sarà un pastore di pecore nere. Legga, legga… – gli disse porgendogli un foglio bianco volato dal cielo. – Le pecore le moriranno tutte, una dopo l’altra. Sposerà una donna ‘malvagiSSIMA’ che la venderà come schiavo ad un Re cattivo. Finirà i suoi ultimi giorni come appendiabiti delle mutande sporche del sovrano. Ma non è finita qui, ascolti ancora… morirà di morte violenta e lenta a soli 30 anni. È contento signor Schiamarzi?
– Non proprio.
– Ora deve andare. È il turno della signora Fortunia.

Antonio Schiamarzi si alzò dallo sgabello e con le spalle curve e gli occhi rossi andò via voltandosi solo una volta indietro in cerca di uno sguardo materno, che non trovò.

– Prego, signora Fortunia si segga pure. Oh ma com’è simpatica! Mi dica, mi dica… Ma cosa ci fa ancora qui signor Schiamarzi, si affretti. La navicella dei reincarnati sta per partire.

– La prossima volta sarà meglio che mi trovi un santo in Paradiso – balbettò l’uomo.

– Si, si i ringraziamenti la prossima volta. Signor Schiamarzi, corra!